La maggior parte delle persone che accudisce anziani o malati viene dalla Romania. Anche a Sacrofano. Ma non tutti sanno che questo lavoro così poco riconosciuto ha anche delle conseguenze
di Cristina Cotarta
Accanto al lavoro svolto dai lavoratori stagionali nell’agricoltura e nella zootecnia, la cura degli anziani italiani è un lavoro essenziale magari non così riconosciuto, apprezzato e remunerato. La maggior parte delle donne che in Italia lavora come assistente in questo settore arriva dall’est Europa e in particolare dalla Romania. Vengono a lavorare per salvare la casa dai creditori, per dare ai figli la possibilità di studiare, per evadere da una realtà economica e sociale senza via d’uscita, per scappare da un coniuge con problemi di alcol o economici o, semplicemente, per avere una vita migliore. Ma non è sempre così. I primi dati sugli stati patologici acquisiti dalle badanti durante la loro attività all’estero sono stati presentati nella ricerca di due psichiatri ucraini: Andriy Kiselyov e Anatoliy Faifrych. La ricorrenza di problemi depressivi nelle badanti che tornano nel loro paese dopo aver lavorato in Italia li ha convinti a studiare clinicamente il fenomeno, chiamandolo “Sindrome Italia”. Alcune donne rientrate appunto dall’Italia, dove erano state impegnate in un duro lavoro di assistenza ad anziani o malati, delineano un particolare quadro clinico. Gli stati d’ansia e la depressione sembrano essere legati a una profonda frattura dell’identità, accompagnata dall’indebolimento del sentimento materno intrecciato a sensi di colpa e vergogna. In Romania, presso l’Ospedale Psichiatrico di Socola, specializzato nel trattamento delle malattie nervose, vengono ricoverate molti pazienti affetti da questa “sindrome”.