Aspettando l’apertura di un cinema a Sacrofano, parliamo dei film che ci piacerebbe fossero proiettati
INVELLE
Un film d’animazione di Simone Massi.
di Riccardo Tavani
Il titolo è un’espressione dialettale della zona delle Marche nella quale è nato e cresciuto il regista Simone Massi. Un’espressione ormai in disuso che l’autore ha voluto far riemergere, proprio per la sua forza sintetico-poetica. Ha alla base il termine
‘volontà’, espresso nella forma contratta ‘velle’, dove voglio. Era usata per intendere vado dove voglio, dovunque mi conduce la volontà. “Esci? Dove vai?”. “Non lo so. Vado Invelle, da tutte le parti, da nessuna parte di preciso”. E questo è il senso finale che ha poi via via assunto: da nessuna parte, in nessun luogo.
È un film d’animazione, una graphic novel, un racconto basato sul segno grafico, e non su riprese di attori e luoghi reali. E anche un racconto di Storia con l’iniziale maiuscola. È quella dell’Italia dall’avvento del fascismo ai giorni del rapimento
e dell’assassinio di Aldo Moro. La nostra Storia vista, però, dallo sguardo particolare della cultura contadina, da cui il regista proviene e ancora permane. Il segno grafico che intesse la narrazione è notevole, prezioso. In esso è stratificato, disseminato il contenuto di verità del film. Si fonda su una tecnica di righettatura, reticolatura di ogni tipo di superficie. I volti, le mani, i corpi, i vestiti, le suppellettili, i tavoli, le pareti delle case dei contadini. E fuori gli animali, le piante, la terra, le montagne, il cielo il mare. Una tecnica che è l’espressione grafica della visione che Simone Massi ha avuto fin da bambino dei contadini. Le mani spaccate dal lavoro, la pelle screpolata dal sole e dal gelo, i volti rugosi, scavati dalla fatica e dalla sofferenza. Questo provenire del segno grafico di Simone dalla cultura contadina rimanda a qualcosa di ancora più arcaico, ossia dalle pitture rupestri all’origine stessa della nostra civiltà.