L’Italia è diventato un Paese incerto e preoccupato?

26/03/2025 | Il sondaggio

È l’istantanea degli italiani scattata da due sondaggi dell’Ufficio Studi Coop condotte a dicembre 2024; la prima su un campione rappresentativo della popolazione italianan e la seconda sulla community di esperti del portale italiani.coop. Non è difficile trovare conferme sentendo  le  persone  parlare tra loro nei bar, nei ristoranti, nei supermercati, nei luoghi pubblici frequentati ogni giorno dagli abitanti di Sacrofano. Stretti tra il moltiplicarsi di guerre e conflitti, l’inasprirsi delle tensioni internazionali, l’aggravarsi dell’emergenza ambientale e un’Europa che rallenta la sua crescita frenata dalla locomotiva tedesca, chiamati a definire con una parola l’anno che stiamo vivendo, il 40% degli italiani sceglie il termine “preoccupazione”, il 25% opta per “insicurezza” e il 21% chiama in causa “inquietudine”. Contemporaneamente, in nome di un atavico spirito di adattamento, c’è anche chi usa la parola “curiosità” (28%) e si spinge fino alla “fiducia” (23%) e addirittura “ottimismo” (22%). L’Italia appare un Paese diviso e dalle attese contrastanti in cui coloro che esprimono aspettative in qualche modo positive per il 2025 raggiungono appena il 52% superando solo di misura coloro che invece guardano con tinte fosche ai prossimi mesi. Tra questi ultimi in prevalenza le donne, i baby boomers e naturalmente la lower class, come i sondaggisti chiamano i redditi bassi da lavoro e pensione, il piccoli commercianti, i precari che in un paese come il nostro sono ormai in numero considerevole. Un clima sociale certamente più grigio rispetto anche solo  di un anno fa quando prevalevano maggiormente sentimenti di serenità e accettazione (queste le parole associate per la maggioranza al 2024). A pesare sulle percezioni sono sicuramente il contesto internazionale e le difficoltà economiche del sistema Paese. Preoccupano soprattutto le guerre e i conflitti (81%), le tensioni geopolitiche (76%) e i cambiamenti climatici (71%). Ad alimentare la positività viceversa continuano ad essere soprattutto gli affetti familiari (69%), la salute fisica (59%) e il benessere psichico (56%). In questo contesto i manager italiani intervistati ipotizzano per i prossimi 12 mesi un ulteriore rallentamento del Paese che sembra nuovamente perdere il passo della – pur già lenta – economia europea. Per gli opinion leader la crescita italiana del Pil potrebbe fermarsi nel 2025 appena sopra lo zero (+0,5%, a fronte di una previsione Istat di +0,8%), con una Unione europea che per il 60% degli intervistati è destinata ad indebolirsi. Incerti e preoccupati per quanto potrà accadere prossimi dodici mesi, certo consapevoli che le loro azioni poco potranno incidere sulle grandi vicende globali, gli italiani si acconciano a questa nuova realtà e ripiegano su sé stessi e sul loro privato. La famiglia è così al centro dei propri desiderata per l’anno appena iniziato (stare di più con la famiglia è il progetto indicato dal 75% degli intervistati con un +25% rispetto all’anno precedente) e la tranquillità e l’armonia gli obiettivi da raggiungere (per il 25%), senza però dimenticare il successo e la realizzazione di sé scelti dal 16%. Propositi più o meno trasversali a tutte le età, anche a costo di rinunciare nel 2025 a valori come generosità e altruismo che pur ci avevano guidato nell’anno appena trascorso (-8% degli italiani dichiara questi riferimenti valoriali da un anno all’altro). Insomma, in prospettiva, gli italiani vogliono diventare più individualisti ed ego referenziali, (nemmeno l’integrità e gli ideali se la passano troppo bene e perdono  5 punti percentuali dal 2024 al 2025) e conseguentemente intenti a curare la propria dimensione personale. In vetta alle tendenze in crescita nel nuovo anno, troviamo oltre al classico andare di più a piedi, anche fare sport e attività fisica, realizzare escursioni nella natura e leggere  più spesso libri e riviste. Una vita più zen in sostanza. Anche se molti dei desiderata rimangono tali come l’idea di trasferirsi in un’altra città o all’estero, mettersi in proprio o riprendere gli studi. Questa ricorrente – e forse quasi ossessiva – attenzione alla propria dimensione personale sembra associarsi ad un atteggiamento rinunciatario verso una più solida prospettiva futura. Per impossibilità – e in qualche caso anche per scelta – gli italiani sembrano prigionieri del loro presente, e rinunciano sì a comprare la casa o anche solo l’auto, a cambiare lavoro o città, ma anche a sposarsi e mettere al mondo un figlio. Le intenzioni di nuove unioni o nuova genitorialità sono nei programmi di solo il 6% degli intervistati e stessa percentuale per coloro che pensano di sposarsi (4% tra i 18-29enni). Un qui e ora molto pragmatico, una sorta di antidoto contro la preoccupazione. Il fatto è che se questi problemi riguardano un po’ tutti e non è credibile che ognuno li possa risolvere da solo. Parlarne aiuta a diluire il peso, perché essere in difficoltà non è una colpa, è una conseguenza delle difficoltà generali. Socializzare, cioè parlarne, discuterne, affrontare i problemi che solo apparentemente sono individuali è il vero modo per trovare soluzioni collettive.

Che fatica essere giovani

Sono stati pubblicati i dati di un sondaggio realizzato da Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore da cui si ricava che le cose non vanno molto bene
Il campione usato è fatto di mille giovani tra i 16 e i 24  anni, dunque studenti o lavoratori alle prime esperienze. Uno su due indica tra i fattori che più influenza il proprio futuro la crisi economica (49%) e il lavoro (47%), due nodi che vengono considerati più impattanti sulla sfera personale di sicurezza, immigrazione e guerre. L’81% degli intervistati ritiene che il malessere psicologico sia una condizione diffusa. Ben il 70% ha affermato di essersi sentito depresso o senza speranza negli ultimi 12 mesi, un giovane su cinque riferisce di trovarsi in questo stato quasi tutti i giorni. Solo il 7% dei giovani ha detto di non essersi mai sentito in questo stato. Questo disagio non viene tuttavia affrontato rivolgendosi a un professionista: il 42% del campione non ha mai parlato con uno psicologo, o non pensa proprio di averne bisogno. Il 40% degli intervistati, se anche ne ha sentito la necessità, non ne ha mai contattato uno, e questo solleva pesanti dubbi su quanto ciò possa essere dovuto anche a motivi economici. Un giovane su cinque si sente  escluso dalla società, e più di uno su due oscilla tra inclusione ed esclusione. Il 55% delle persone segnala la perdita di interesse nei confronti della vita sociale e di relazione, il 52% dei rapporti scolastici e lavorativi. Si salva leggermente la sfera familiare, fermandosi al 46%. Il 93% degli intervistati dichiara di non essere impegnato in politica, l’80% non partecipa ad attività di volontariato. Il 52% dei giovani afferma che, ora come ora, non andrebbe a votare. Tolto il 17% degli intervistati che trascorre il tempo sui social, il 25% guarda la tv, il 23% ascolta la musica. Il 14% legge e studia. Ce n’è di lavoro da fare per chi si occupa del sociale sul territorio.

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