di Piero Santonastaso
Poco prima della stazione di Sacrofano, sulla destra della Flaminia uscendo da Roma, c’è l’imponente edificio dal tristo nome di Malborghetto, epiteto nato alla fine del XV secolo sulle ceneri di una storia gloriosa. Tutto accadde per mano e volontà degli Orsini di Bracciano, che allora signoreggiavano su Sacrofano, da sempre fieramente in lotta con i Colonna. Ghibellini questi, Guelfi quelli, le due famiglie dal XIII secolo si contendevano il controllo non solo di Roma e del Lazio, ma anche delle sorti del papato. I Colonna giocavano nel campo degli imperatori germanici, mentre gli Orsini erano fieramente papalini ed entrambi si azzuffavano per il dominio delle più importanti castellanie intorno all’Urbe. Tra queste c’era un possedimento all’intersezione della Flaminia con la strada di collegamento a Veio. Lì, nel IV secolo, qualcuno aveva deciso di erigere un tetrapilo – edificio di forma cubica con una porta su ogni lato – per ricordare la vittoria ottenuta da Costantino su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312. Una sorta di fratello minore dell’arco di Costantino al Colosseo, per capirci. Secondo la vulgata è lì che l’imperatore, la notte prima della battaglia, avrebbe avuto la famosa visione della croce con la scritta In hoc signo vinces; altri individuano nel posto la sede dell’accampamento delle truppe di Costantino; altri ancora ritengono invece che lì Massenzio avesse schierato le sue truppe. L’esito della vicenda è noto: Massenzio era in superiorità numerica ma i suoi soldati da tempo non combattevano una battaglia vera, mentre Costantino aveva al seguito truppe ben addestrate e supportate da un consistente schieramento di barbari. Dopo un’iniziale prevalenza, Massenzio decise di arretrare verso il Tevere per attraversarlo, dimenticando però di avere a disposizione solo un precario ponte di barche, perché aveva fatto distruggere tra gli altri il Ponte Milvio. Il suo esercitò si ritrovò in trappola e lo stesso Massenzio annegò tentando la traversata. Fu dunque eretto il cosiddetto arco di Malborghetto, decisamente imponente: misurava circa 15 metri per 12 alla base ed era alto circa 18 metri. Ne hanno ricostruito le sembianze, nel 2006, i professori Alberto e Marco Carpiceci. Con il passare del tempo assunse sempre maggiore importanza fino a essere trasformato, nell’XI secolo, in una chiesa dedicata alla Vergine, intorno alla quale nel XIII secolo sorse un borgo fortificato, San Nicola dell’arco della Vergine, di proprietà della Basilica Vaticana. Lì si insediarono i Colonna e a quel posto, nel 1485, diedero l’assalto gli Orsini di Sacrofano, riducendolo in cenere. Quello che per tutti era il Borghetto, si trasformò in Borghettaccio, o Malborghetto, come lo conosciamo oggi. Il peggiorativo non è un unicum: nell’Agro romano ne esistono diversi altri esempi, come Malafede, Malagrotta, Malpasso. Serviva a identificare una zona come insicura e fonte di pericoli, soprattutto per la presenza di briganti. Un centinaio di anni più tardi lo speziale milanese Costantino Petrasanta rilevò e restaurò la proprietà, che con il tempo si trasformò in locanda e stazione di posta, fino a quando papa Pio VI a fine XVIII secolo abolì il servizio postale con Civita Castellana, decretando il nuovo declino per Malborghetto. Fino al 1982, quando fu rilevato dallo Stato e trasformato in antiquarium, riscoprendo le antiche strutture. (Info sulle visite nel sito della Soprintendenza Speciale di Roma.)