Una storia affascinante e controversa che racconta le origini di questa terra
di Gaia Villò
La prima testimonianza scritta che racconta questo sito risale a una bolla di Stefano IX1, Papa della chiesa cattolica dal 1057 alla sua morte, un anno dopo. Le rovine che costeggiano via dell’Alboretaccio sono quel che resta di un edificio ecclesiastico composto di tre navate, del quale il tempo e l’uomo hanno risparmiato il presbiterio e poco altro. Santa Maria in Valle ha ospitato, nel corso dei secoli, fedeli e pellegrini provenienti da diverse parti d’Europa: nonostante questo, nel corso dei secoli l’attività liturgica si fece sempre più incostante. Intorno alla metà dell’Ottocento, dopo decenni di inattività, la chiesa fu riaperta al culto, ma venne nuovamente abbandonata dalla cittadinanza subito dopo il primo conflitto mondiale.
Sebbene a prima vista si possa imputare lo stato dei ruderi ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, pare che la verità sia un’altra. Intorno al 1945 la struttura sarebbe stata fatta esplodere attraverso l’uso di dinamite: la grande quantità di tufo nelle mura, infatti, era merce preziosa e la possibilità di estrarne interi blocchi fece sì che l’antico luogo di culto venisse demolito per ricavarne materiale da costruzione. Adiacenti alle rovine è possibile notare la presenza di alcune grotte, nel tempo utilizzate come ricovero animale da allevatori e contadini. Negli anni, i lavori di scavo agricolo e aratura nei pressi delle stesse hanno portato alla luce resti di corpi umani, il che fa pensare che la basilica nascondesse degli ossari o che l’area limitrofa fosse destinata a un uso cimiteriale. La più importante testimonianza di una forte partecipazione religiosa è il prezioso dipinto di scuola raffaelliana che decorava le pareti di Santa Maria in Valle ed è ora conservato nella Chiesa di San Biagio, a pochi passi dal borgo vecchio. Sopravvissuto alla detonazione, il quadro ritrae la Madonna che interviene a protezione del paese. Sotto di lei, Sacrofano viene rappresentata alla fine di un violento nubifragio, per trasmettere messaggi di speranza e di rinascita.
Le antiche rovine fanno da sfondo a suggestivi eventi musicali e teatrali e sono raggiungibili tramite via Monte Sugheri o percorrendo via Piane Pozza e assieme ad altri siti nascosti o poco conosciuti fanno parte di itinerari organizzati e guidati da Giancolombo Gualerni, fra i fondatori degli esploratori veientani insieme con Francesco Braghetta, Luigi Perini e Pietro Macrì. Conosceremo in seguito la storia e gli obiettivi di questo gruppo, ma è importante sottolineare come queste iniziative turistiche e culturali atte alla riscoperta e alla valorizzazione del nostro territorio siano organizzate in modo indipendente e senza alcuno scopo di lucro.
NOTE
Enciclopedia dei Papi, Treccani, 2000