Alla scoperta della *Chiesa* di *San Giovanni Battista*

15/07/2024 | Il Paese Nascosto

Alessia Felici, restauratrice di beni culturali, ci ha portato a conoscere meglio questo gioiello del borgo vecchio ricco di storie e curiosità affascinanti e antiche.

di Gaia Villò

La chiesa di San Giovanni Battista è un vero e proprio gioiello incastonato nel borgo sacrofanese. Già nella bolla papale di Giovanni XIX datata 1027 questo sito appare, assieme a Santa Maria in Valle e San Biagio, nell’elenco dei luoghi di culto presenti sul territorio frequentati da comunità attive e praticanti. La struttura originale era sostanzialmente diversa. Oggi la chiesa si compone di tre campate laterali e una torre campanaria che, peculiarmente, è interna.

IL SOFFITTO Ma la prima cosa che si nota entrando è il soffitto, che vira leggermente a sinistra in prossimità dell’altare. Questa stranezza è dovuta ad un’opera di ampliamento avvenuta in un secondo momento rispetto alla fondazione, quando l’abside venne ricavato da una delle torri Orsini, il cui estradosso è ancora oggi visibile da via dello Stadio. La famiglia Orsini arriva come parte dell’esercito papale per porre fine alla tirannia dei Nardoni, presenti a Sacrofano fino alla metà del tredicesimo secolo: la pace e la prosperità ritrovate, terminata anche la cattività avignonese, saranno alla base di un’importante crescita demografica, ragione per cui si sentirà il bisogno di estendere gli spazi dedicati ai fedeli. Continuando a rivolgere lo sguardo verso l’alto, ci accorgeremo che il soffitto cela altri indizi del passato: l’attuale color legno è una tinta che copre il celeste originario e restano, sopra l’altare, i contorni di una raggiera che incorniciava lo spirito santo, al quale si rivolge la Madonna posta al centro della sacra conversazione dipinta nell’abside. Il controsoffitto che vediamo oggi verrà costruito in seguito per ragioni di isolamento termico e di decoro, poiché la chiesa di San Giovanni era protetta da otto capriate.

IL RESTAURO Nel 2018 i fondi versati al comune di Sacrofano dal ministero dei Beni Culturali hanno permesso il restauro dell’affresco dell’abside. Dall’altezza del ponteggio è stato possibile notare un preoccupante “imbarcamento” del controsoffitto ligneo tanto da far scattare immediatamente la necessità di un sopralluogo. La sorpresa fu alquanto grottesca: per colpa di una finestra rimasta aperta, vi si erano accumulati ben settecento chili di guano di piccione. La curia ha dunque finanziato la bonifica. A questo punto, un’impresa di edilizia su fune ha fatto in modo che i tecnici, fra cui la preziosissima restauratrice di beni culturali Alessia Felici, residente proprio nel borgo vecchio – è lei che ci ha guidati alla scoperta di questo luogo – potessero camminare fra le capriate grazie a delle passerelle che arrivavano fino all’arco trionfale, sul fondo.

GLI AFFRESCHI La nuova prospettiva consente un’ulteriore scoperta, stavolta meravigliosa: il timpano è completamente dipinto. Lo stile cinquecentesco ricorda quello di Perin del Vaga, (anche se non abbiamo studi a sufficienza per confermarlo) e ai lati dell’arco si conservano gli affreschi di due angeli che giocano con un drappo bianco, oggi ammirabili grazie agli scatti fotografici affissi in chiesa, che documentano ogni fase dei lavori a porte chiuse. Il controsoffitto, d’altronde, fa parte di un restauro progettato dall’architetto De Dominicis, il quale, in una nota di pagamento datata 1785, elenca i materiali utilizzati per la ristrutturazione, fra cui il legno d’abete che è arrivato ai giorni nostri. Una curiosità sta nel fatto che le figure di San Giovanni e San Biagio, che sembrano dipinte sullo stesso controsoffitto, siano in realtà dei ritagli di tela riportata, inchiodati al legno con del fil di ferro intorno al 1950. Sacrofano era un paese di contadini, eppure l’abside della chiesa di San Giovanni Battista conserva un affresco barocco di altissimo livello, finanziato forse dagli Orsini e dipinto in sole venti giornate.

LA FOGLIA D’ORO Nel 1661 la famiglia, indebitata, decadde a favore dei Chigi, la cui ricchezza derivava dall’oro. Questo è un fatto degno di nota perché la foglia d’oro sarà utilizzata da questi ultimi per ricoprire completamente l’opera orsiniana, della quale si conservano dei tasselli oggi “riaperti” dai restauratori, fra cui due bellissime vittorie alate sotto la cornice dell’arco trionfale. Nella sacra conversazione affrescata nell’abside è possibile riconoscere alcuni personaggi: sulla sinistra appare una figura simile al cardinale Borromeo, all’epoca di passaggio sulla via Cassia, accanto a lui San Liborio, protettore delle vie biliari e riconoscibile grazie ai sassolini che tiene nella mano aperta.

I CAPELLI DONATI Nella nicchietta laterale di destra, invece, possiamo osservare una deposizione in stile decisamente più popolare e, risalendo la navata, una madonna dai lunghi capelli neri, veri, donati da una donna di Sacrofano. A seguire, troviamo l’affresco di una pentecoste, riconoscibile dalle fiammelle sul capo dei santi. Rivolgendo lo sguardo a sinistra, un grande pulpito attira facilmente l’attenzione. L’oggetto è datato 1641 e veniva probabilmente utilizzato per l’esposizione delle reliquie. Un prezioso altare di marmo pesantissimo domina la navata centrale, tanto pesante che Don Memmo, storico parroco del paese, fece erigere nel sotterraneo della chiesa (attuale sede della Caritas) una colonna che lo sostenesse. Dietro l’altare si può notare come i reliquiari e il tabernacolo siano stati incastonati successivamente, intorno al 1700, dato deducibile dal totale contrasto fra le nicchie e la geometria originale.

L’ALTARE La grande campana visibile all’ingresso risale al 1347 e suonò sul campanile fino al XVIII secolo, quando venne colpita da un fulmine. Proseguendo con lo sguardo incontriamo un altro altare, portato a Sacrofano dal cardinal Gasparri negli anni 80, la cui preziosità sta nel paliotto in cuoio d’oro e d’argento dipinto. Infine, fra questi, il dipinto di Sant’Emidio, una vera e propria perla di memoria storica. Il quadro è sempre stato custodito dalla chiesa di San Giovanni, ma dopo i lavori svolti nel 2003, se ne persero le tracce. Sarà ritrovato in una stanzetta di San Biagio, accatastato fra mobili, oggetti liturgici e vesti da processione. Il santo aveva un manico di bastone conficcato nell’occhio, la cornice spezzata e la tela strappata. Alessia Felici ha gratuitamente restaurato quest’opera, di fondamentale importanza per il ricordo del nostro paese. Fra le mani di Sant’Emidio, infatti, sono dipinti il centro storico di Sacrofano, il campanile di San Giovanni e l’edificio di San Biagio. Rispetto ai giorni nostri si nota chiaramente una torre in più, forse parte dell’antico castrum, fra ghetto e castello. Un’altra informazione è desumibile dalla piccola cappella che si vede fuori dall’arco, di fronte a palazzo Placidi Serraggi: le famiglie, infatti, costruirono lì il proprio luogo di preghiera e ciò ci fa capire che l’edificio antistante è di precedente costruzione. Come una preziosa istantanea, Sant’Emidio tiene fra le sue mani un’immagine inestimabile, poiché prima di quella non sia ha alcuna memoria visiva del nostro paese.

Fotografia di Matteo Marocchi

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Architettura in provincia, il centro storico di Sacrofano. Di Enrico Guidoni e Pia Pascolino, edizioni Kappa, 1984
Sacrofano: Territorio, Storia e Tradizioni. Di Susanna Feriozzi, Renato Rovagna, Sabrina Sanetti, edito dal comune di Sacrofano, 2000.

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