di Riccardo Tavani
In attesa che si attivi una sala cinematografica presso il Teatro Ilaria Alpi, ecco la recensione di un film che ci sarebbe piaciuto vedere a Sacrofano. Sorprendente anche per chi a suo tempo ha seguito la vicenda, figuriamoci per chi ne sa poco o niente. Febbraio 2005. L’Iraq è al secondo anno della guerra voluta dagli Usa e dalla coalizione multinazionale contro Saddam Hussein. In Italia c’è il governo Berlusconi III. La giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, viene rapita a Baghdad. L’alto dirigente del Sismi, Nicola Calipari, è incaricato di risolvere l’affaire. ‘Nibbio’ è il suo nome di copertura. La ricostruzione dei dettagli, dei personaggi, infimi o elevati che siano, degli ambienti, dei set della security internazionale, è anche uno svelamento della personalità nitida, della rigorosa professionalità e capacità di comando operativo di Calipari sul totale campo minato di Baghdad. Soprattutto del suo metodo, consistente nello scoprire tracce, piste, legami e nel condurre poi con sicurezza trattative complicate e rischiose. Nelle quali si espone e si mette sempre altamente in gioco in prima persona. Pure il lato geopolitico della vicenda è incontrovertibilmente e senza equivoci delineato. Una tragedia causata più che da fuoco, da agguato amico, Una delle migliori interpretazioni, o forse proprio la migliore di Claudio Santamaria. S’intuisce il suo essere in ogni istante nei pori della pelle di Nibbio. Tra l’altro l’attore dimostra anche di parlare un ottimo e fluente inglese. I suoi dialoghi, infatti, sono sì sottotitolati, ma non doppiati. Molto brava anche Sonia Bergamasco, nel ruolo di Giuliana Sgrena, seppure appaia meno in scena e, perlopiù, quasi sempre nella stanza della prigionia. Non da meno Anna Ferzetti come Rosa Calipari, la moglie di Nicola. La sceneggiatura è firmata da Sandro Petraglia, Lorenzo Bagnatore, Davide Cosco. La regia è di Alessandro Tonda. Durata 109 minuti.