L’idea è attirare visitatori con un’offerta di qualità, a prezzi di una sana e leale concorrenza
di Piero Santonastaso
Fatta eccezione per la cittadella della Fraterna Domus, il Giubileo 2025 dal punto di vista dei flussi interesserà Sacrofano soltanto marginalmente. È in fondo la croce e la delizia del borgo, questo ritrovarsi in posizione geograficamente defilata rispetto alle principali vie di comunicazione. La via Francigena – quella che dall’Inghilterra porta i pellegrini a Roma – nel tratto laziale segue da sempre lo snodarsi della Cassia: tocca Campagnano ma non prevede deviazioni, così come, un po’ più in là, la Flaminia. È un bene? È un male? Dipende dai punti di vista. È certamente un male se consideriamo i fiumi di denaro che fin dall’inizio accompagnano gli anni santi. Quando papa Bonifacio VIII li istituì ufficialmente, il 22 febbraio 1300, non fece altro che cavalcare un fenomeno popolare già in atto. Il pellegrinaggio in Terra Santa, dopo il fallimento delle crociate e la caduta di Acri nel 1291, era ormai un miraggio riservato a pochi ardimentosi, nonostante i musulmani assicurassero ai cristiani disarmati il via libera verso Gerusalemme. Al contrario Roma era diventata la sede del vicario di Cristo, come Innocenzo III l’aveva proclamata nel 1198 innalzando i papi di rango rispetto al più modesto “vicario di Pietro”. Un faro naturale per l’Europa cristiana. È così che alla fine del 1299, complice il richiamo del sempre temuto passaggio di secolo, l’Urbe si era andata riempiendo di pellegrini. Il Capodanno, che per la Chiesa cadeva il 25 dicembre, era passato senza sussulti. Il 1° gennaio, però, all’epoca normale giornata lavorativa, un anonimo predicatore nella basilica di San Pietro aveva scaldato i fedeli, promettendo l’indulgenza plenaria ai visitatori di quel giorno. Come racconta Gianfranco Mosconi in “La Roma del Giubileo” (Intra Moenia, 2024), si scatenò una ridda di voci incontrollabili. Quella che veniva data per buona era l’indulgenza di 100 anni per tutti i visitatori di San Pietro nel 1300. Un bel salto di qualità rispetto ai 7 anni normalmente concessi dai papi. La notizia si sparse in Italia e in Europa, mentre Bonifacio VIII osservava e taceva, ma ordinava di verificare negli archivi vaticani notizie certe sulla vox populi che “così era sempre stato” negli anni secolari. Spuntarono come funghi ultracentenari, i quali giuravano che la stessa cosa era avvenuta nel 1200. Nei documenti non furono trovate conferme, ma quando il flusso di pellegrini si intensificò, il papa decise di intervenire con una propria bolla, diffusa il 22 febbraio ma recante la data del 16 e poi resa retroattiva al 25 dicembre. Era nato il Giubileo, nonché un ricco mercato per osti, locandieri e precursori del b&b. Le casse della Chiesa ripresero a fiorire, anche perché l’indulgenza era garantita solo ai pellegrini che per due settimane avessero visitato tutti i giorni le basiliche di San Pietro e San Paolo (30 giorni consecutivi per i romani). E Sacrofano? Allora, naturalmente, non toccò palla, ma oggi Sacrofano dovrebbe riuscire ad offrire ospitalità certificata e garantita in grado di fare concorrenza al monopolista Fraterna Domus. Nel 2025 ospiterà due eventi ufficiali dell’Anno Santo: dal 31 marzo al 4 aprile un evento ecumenico Charis, e dall’8 al 12 giugno la 3^ conferenza internazionale delle Comunità ecumeniche. Ed è inoltre fitto il calendario dei pellegrinaggi diocesani che faranno base nella struttura, per visite con il format 3 giorni e 2 notti, a quotazioni variabili: in mezza pensione 350 euro a persona da Vittorio Veneto, 495 da Milano (ma 420 per il giubileo delle persone con disabilità della diocesi meneghina), 510 da Como. Con pranzi al sacco 320 da Vicenza ma 575 da Catania con una notte in più in pullman, 2 colazioni e lunch box (cena non menzionata in “la quota comprende”).
A buon intenditore, nient’altro da aggiungere.